Antimafia Duemila & Terzo Millennio
Giovedì 23 Maggio 2019 21:41
(DA ANTIMAFIA DUEMILA PUBBLICHIAMO)

di Saverio Lodato
Speriamo che questo 23 maggio voli via presto, in fretta e furia. Speriamo che Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, nel loro risposo eterno, siano disturbati il meno possibile.
Speriamo che venga giù tempestivamente il sipario della commemorazione, della celebrazione, della parata, della fanfara. Questi morti, dopo 27 anni, sono stanchi. Ci hanno dato tutto quello che potevano dare. Eravamo noi che dovevamo raccogliere la loro eredità. Il loro testimonio. Il loro esempio. Invece, non sappiamo fare altro che torturarne la memoria.
E loro oggi sono stanchi. Sono stanchi di retorica. Stanchi di ipocrisia. Stanchi di veleni. Stanchi di omertà. Stanchi di avere assistito a troppe carriere in nome di uno straccio ormai gualcito e imbrattato chiamato antimafia.
Da vivi, questi morti, ebbero spalle larghe, larghissime. E nessuno lo chiese loro. Sfidarono il pericolo, il calcolo delle probabilità, i venti impetuosi delle calunnie.
Strinsero i denti. Ingaggiarono un’audace lotta contro il tempo. Ma chi glielo fece fare, al giudice, al poliziotto, al carabiniere, al sacerdote? Scoprirono, a fianco a loro, in chi avrebbe dovuto sostenerli, invidie, gelosie di mestiere, doppiezze, tradimenti.
E dei “Giuda” in magistratura, non dimentichiamolo mai, parlò Paolo Borsellino, a pochi giorni dalla strage di Capaci, riferendosi ai traditori di Falcone. E anche lui, 57 giorni dopo, conobbe i suoi Giuda.
Viviamo in un Paese sporco - che i cittadini, troppo deboli in questo, vorrebbero più pulito - perché è dall’alto che viene sbarrata la strada all’accertamento dei fatti, allo smascheramento dei colpevoli, dei registi che tirarono fila, mossero pedine, per poi avvelenare i pozzi, inquinando l’anelito di verità che, indegnamente, dopo 27 anni viene ancora soffocato.
Ecco perché speriamo che questo 23 maggio finisca in archivio.
Abbiamo letto, in questi giorni.
Abbiamo visto le prese di posizione di protagonisti dell’antimafia ufficiale. Divisi fra il mi si nota di più se vado o se non vado?
Intanto, ci si lasci dire una cosa, una volta per tutte. Le vittime di mafia sono uguali. Hanno identico peso. Si sacrificarono tutti allo stesso modo, per i medesimi ideali, uguale, in loro, il senso del dovere e dell’onore. Ne discende che non ci sono familiari delle vittime che sono più familiari degli altri.
Che vogliamo dire? Che troviamo stucchevole, a 30 anni da una mattanza (ma gli anni sono molti di più) che mise in ginocchio l’Italia, che si cerchi e si pretenda verità e giustizia esclusivamente per il proprio morto, il proprio parente.
Passi, ancora ancora, per le “fondazioni”, in nome di questo e di quello. E per i cospicui finanziamenti, alle fondazioni, ai centri studi, alle associazioni, in nome di questo e di quello.
Ma cosa impedisce che si produca finalmente una richiesta collettiva di verità per “tutti” i morti, “tutti” gli eroi, “tutti” i delitti eccellenti, “tutte” le stragi?
Oggi, in aula bunker, si farà vedere il ministro Matteo Salvini. L’hanno invitato e lui va. E andrebbe anche, ma questo è altro discorso, se non lo invitassero.
Maria Falcone pensa davvero che per commemorare il suo “Giovanni” era necessaria la presenza di Salvini? Lei spiega che i governi e i ministri si alternano. E’ vero.
Ma perché in questi decenni, proprio lei, ha finito con l’intestarsi una giornata all’insegna delle parate istituzionali, offrendo un palcoscenico a persone che altrimenti, spesso, non avrebbero alcun titolo per parlare dell’argomento?
E Claudio Fava?
Sino a qualche giorno fa annunciava la sua partecipazione “istituzionale”, ma oggi preferisce ripensarci, stilando un personale elenco degli invitati, molto dettagliato, puntiglioso, che lui avrebbe voluto in prima fila.
Ma Fava - ce lo si lasci dire - si avventura in una polemica dal sen fuggita: “Hanno trasformato il ricordo del giudice Falcone nel festino di Santa Rosalia. Fossi io la sorella di Giovanni Falcone avrei chiesto a Salvini di venire e di tacere”.
Ben detto, certo.
Ma ci chiediamo: per il 23 maggio,
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